Una storia tutta calabrese

Il caso

Accusato di avere gestito 500 miliardi di euro della RTI Mafia, 'ndrangheta e Camorra, di cui 100 miliardi buttati in un cestino delle immondizie, di attentare a un magistrato, di avere due grattaceli a Dubai, di essere uno dei boss che ha colonizzato l'Africa togliendola dalle mani allo stato cinese e di avere avuto un interesse sulla morte della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, oltre a non comprare le ricotte dove le fanno più buone.
Spezzo anche una lancia a favore di  Mafia, 'ndrangheta e Camorra, che si vedono attribuiti 500 miliardi per colpa mia, perché ammettendo anche che ci potesse essere un reato di riciclaggio internazionale, bisogna capire perché debba essere coinvolta la mafia italiana e non quella russa, cinese o turca. Forse perché nascere in calabria significa essere come minimo, portatore sano di 'ndrangheta. Per cui non si può neanche scegliere di delinquere a proprio nome, ma il brand ai calabresi viene attribuito in automatico, in modo da creare gli eroi dell'antimafia.

Le denunce

Non avendo ricevuto nessun avviso di garanzia e avendo avuto notizie dalla Procura di Reggio Calabria che loro niente hanno a che fare con le notizie diffuse, ma che ipotizzano sia stato qualche avvocato coinvolto nel processo Eyphemos, che invece di pensare ai sui clienti, ha avuto una informativa in mano riguardante Roberto Recordare e ha pensato di distribuirla alla stampa, sono state denunciate una serie di testate giornalistiche e televisive.
Tutti gli addetti ai lavori hanno scommesso sul fatto che il sistema non potrà cedere, in quanto i media avrebbero (condizionale), il favore della magistratura.
Ma bisogna sempre sperare che da qualche parte ci possa essere qualche magistrato onesto, scrupoloso, equilibrato e illuminato da Dio.

Com'è finita?

Man mano, qui avremo gli aggiornamenti, con dati, documenti e soprattutto nomi e cognomi di tutti gli attori intervenuti e che interverranno. In particolare tutti i magistrati che interverranno in difesa delle testate giornalistiche, che sembrerebbe, già da un primo riscontro, non  avere nessuna responsabilità nella eventuale diffamazione, in quanto hanno utilizzato in alcuni casi il condizionale.
Tutto questo, per chi avesse ancora dubbi su come funziona la giustizia e l'informazione in Italia.
Quel sistema che si "chiamerebbe" (condizionale), in caso fosse provato, la mafia dell'antimafia.

Naturalmente non è la prima volta. Una vera strage!

Infatti il record di risarcimenti per ingiusta detenzione ce l'ha la Calabria. Solo a nel distretto di Reggio Calabria per ingiusta detenzione sono stati liquidati 8 milioni di euro circa, pari alla somma complessiva di Roma, Milano e Napoli. Solo che parliamo di 553.000 abitanti circa nel reggino, mentre Roma, Milano e Napoli fanno circa 5.200.000 di abitanti, ossia quasi 10 volte la popolazione del reggino. Catanzaro poco meno di 5 milioni, ma si prevede un forte recupero.
Consideriamo anche che è estremamente difficile essere risarciti e molti non chiedono neanche il risarcimento, in quanto sembrerebbe (condizionale) comportare un nuovo accanimento da parte della Procura.
Nel 2020 a Reggio Calabria sono stati iscritti 1.108 procedimenti per ingiusta detenzione (Fonte: ilsole24ore). Altro che Covid-19 !!!

Il caso di Rosy Canale

Nel 2013, con l’operazione Inganno la leader del movimento “Donne di San Luca” fu accusata di truffa, per aver utilizzato parte di un finanziamento di 160mila euro, destinato alla sede dell’associazione, per scopi di natura personale. Così come un altro finanziamento da 40mila euro. Per la Canale, in primo grado, i giudici hanno stabilito una condanna a 4 anni di reclusione.
Le parole di Rosy Canale: «La sproporzione che l'intera vicenda contempla lascia fortemente perplessi, se non addirittura sgomenti. A partire dal mio arresto ingiustificato e spettacolare, fino ai 330 giorni di firma in commissariato per giungere ad una squilibrata richiesta di sette anni di reclusione da parte della pubblica accusa. Verrebbe da chiedersi: chi avrei ammazzato???. Questo dimostra chiaramente come non ci sia stato da parte dell'ufficio di Procura un reale interesse a giungere alla verità dei fatti nell'interesse della collettività, ma solo un evidente accanimento contro la mia persona. Perché? Forse perché ho difeso i figli di Maria Strangio che seppure portano il cognome Nirta per me non erano e non sono mafiosi. Perché chi tocca i fili muore". "San Luca è terreno esclusivo, proprietà privata - sostiene ancora Canale - di una certa antimafia che scredita e disintegra chiunque favorisce il recupero ed il cambiamento, perché questo sottrae loro potenziali criminali: quindi loro clienti. Il mio spettacolo lo diceva chiaramente, andava fermato anche per questo. Il lavoro di 5 anni tradotto tutto in un crimine, ma attenzione, senza più minicar ne vestiti di lusso: nessuna prova. Quelli li hanno solo usati per creare lo scandalo iniziale. Vergogna. In qualsiasi altro paese civile di questo pianeta un processo del genere non si sarebbe mai svolto. Pertanto, invece di criminalizzare e giudicare, ognuno dovrebbe riflettere seriamente sulla condizione della giustizia in Italia, e pensare che a questo punto tutti sono soggetti a rischio: ognuno potrebbe facilmente trovarsi al mio posto. Arrestata ed assassinata civilmente senza prove.»

Il caso di Roberto Crocitta

Dopo queste belle conferenze stampe e interviste, sempre con triturazione mediatica, a conclusione del giudizio svoltosi davanti al Tribunale di Reggio Calabria con il rito ordinario, Roberto Crocitta era stato assolto da alcuni capi di imputazione e condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione per le perizie redatte in favore dei predetti Bellocco e Pesce. Dopo nove anni, il verdetto finale. Condanna definitivamente cancellata con annullamento senza rinvio, disposto dalla Sesta Sezione penale della Corte Suprema di Cassazione.
Un perito di parte arrestato perché la trascrizione non piaceva alla Procura. Se non era infedele e dolosa la trascrizione di Roberto Crocitta, cosa significa? Che era infedele e dolosa la trascrizione che invece ha cristallizzato la Procura? Come si risarcisce una persona che ha dovuto subire nove anni di processo, essere stato triturato dai media, oltre a dover abbandonare il proprio lavoro?

Il caso di Rocco Femia

Accusato di partecipazione mafiosa ex art. 416 bis cp, per essere stato in qualità di sindaco di Marina di Gioiosa Jonica il referente politico della cosiddetta cosca Mazzaferro e arrestato nel maggio del 2011 quando era ancora sindaco, è stato poi successivamente scarcerato nel maggio 2016 dopo 5 anni di ininterrotta detenzione.

Condannato in primo e secondo grado nel processo “Circolo Formato” a pesante condanna per il delitto ex art.416 bis che è stata poi annullata con rinvio dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione è stato definitivamente assolto da ogni accusa.

Naturalmente dopo l’odissea e il calvario giudiziario e nella gogna mediatica da una lacunosa e parziale attività investigativa.

Il caso di Marco Gaiba

Accusato ingiustamente dalla Procura di Catanzaro di essere un prestanome della ‘ndrangheta nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria con cui il Dott. Gratteri “annunciava” che la ‘ndrangheta si era infiltrata nell’imprenditoria del nord. Gaiba è stato il perno centrale del teorema investigativo. Anni di calvario, l’umiliazione della misura cautelare (tempestivamente annullata dal Tribunale del riesame) che lo costringeva a dimettersi dalla carica di amministratore delle sue società (persino in Slovenia, ove i media davano risalto all’inchiesta del Dott. Gratteri) nonché da quello di presidente della Società di Calcio del Mogliano Veneto (i comuni gli intimavano la revoca delle concessioni per l’utilizzo degli impianti sportivi); costretto a lavorare con le proprie risorse finanziarie, in quanto le banche – dopo la conferenza stampa di Gratteri – chiudevano ogni rapporto; da ultimo, la Svizzera gli notificava il divieto di ingresso nel paese in quanto persona indesiderata perché mafioso.

Il Tribunale di Crotone ha pronunciato la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

L’ing. Gaiba è stato marchiato come mafioso ed è stato costretto a chiudere un’attività imprenditoriale molto importante.

Secondo l’avvocato Vincenzo Cotroneo del foro di Milano che ha difeso Gaiba: «Un’inchiesta condotta in maniera approssimativa e fatta si semplici congetture (ed uso questa terminologia per senso della misura) su un cittadino onesto ed un imprenditore capace, la cui unica colpa è stata quella di investire in un’attività imprenditoriale in Calabria. La mia riflessione come cittadino ricade su questi “professionisti dell’antimafia” la cui presunzione e la pochezza intellettuale fa male certamente agli sforzi di tanti nella lotta alla criminalità e – come in questo caso – disincentiva gli investimenti e gli sforzi imprenditoriali al Sud. Gli imprenditori devono essere – e sentirsi – tutelati e non considerati dei criminali.»