Accusato di partecipazione mafiosa ex art. 416 bis cp, per essere stato in qualità di sindaco di Marina di Gioiosa Jonica il referente politico della cosiddetta cosca Mazzaferro e arrestato nel maggio del 2011 quando era ancora sindaco, è stato poi successivamente scarcerato nel maggio 2016 dopo 5 anni di ininterrotta detenzione.
Condannato in primo e secondo grado nel processo “Circolo Formato” a pesante condanna per il delitto ex art.416 bis che è stata poi annullata con rinvio dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione è stato definitivamente assolto da ogni accusa.
Naturalmente dopo l’odissea e il calvario giudiziario e nella gogna mediatica da una lacunosa e parziale attività investigativa.
Accusato ingiustamente dalla Procura di Catanzaro di essere un prestanome della ‘ndrangheta nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria con cui il Dott. Gratteri “annunciava” che la ‘ndrangheta si era infiltrata nell’imprenditoria del nord. Gaiba è stato il perno centrale del teorema investigativo. Anni di calvario, l’umiliazione della misura cautelare (tempestivamente annullata dal Tribunale del riesame) che lo costringeva a dimettersi dalla carica di amministratore delle sue società (persino in Slovenia, ove i media davano risalto all’inchiesta del Dott. Gratteri) nonché da quello di presidente della Società di Calcio del Mogliano Veneto (i comuni gli intimavano la revoca delle concessioni per l’utilizzo degli impianti sportivi); costretto a lavorare con le proprie risorse finanziarie, in quanto le banche – dopo la conferenza stampa di Gratteri – chiudevano ogni rapporto; da ultimo, la Svizzera gli notificava il divieto di ingresso nel paese in quanto persona indesiderata perché mafioso.
Il Tribunale di Crotone ha pronunciato la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
L’ing. Gaiba è stato marchiato come mafioso ed è stato costretto a chiudere un’attività imprenditoriale molto importante.
Secondo l’avvocato Vincenzo Cotroneo del foro di Milano che ha difeso Gaiba: «Un’inchiesta condotta in maniera approssimativa e fatta si semplici congetture (ed uso questa terminologia per senso della misura) su un cittadino onesto ed un imprenditore capace, la cui unica colpa è stata quella di investire in un’attività imprenditoriale in Calabria. La mia riflessione come cittadino ricade su questi “professionisti dell’antimafia” la cui presunzione e la pochezza intellettuale fa male certamente agli sforzi di tanti nella lotta alla criminalità e – come in questo caso – disincentiva gli investimenti e gli sforzi imprenditoriali al Sud. Gli imprenditori devono essere – e sentirsi – tutelati e non considerati dei criminali.»
© Roberto Recordare